Un firma che mi onora
27 novembre 2009,
la proposta di legge
Salvatore Borsellino ha firmato la petizione affiancata alla mia proposta di legge per l'antimafia nelle scuole.
E' una cosa che mi onora avere la sua firma, che si aggiunge a quella di Giovanni Impastato .
Le parole di Salvatore sono speciali e le voglio riportare .
Paolo disse :
"La lotta alla mafia... un movimento culturale e morale che tutti
abitui a sentire il fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo
del compromesso morale...".
La scuola e il primo luogo dove la lotta alla mafia deve essere
combattuta.
grazie Salvatore
Tania Passa
| inviato da
scuolantimafia il 27/11/2009 alle 17:51 | |
Cento piazze per la legalità: “In una mano la Costituzione e nell’altra l’agenda rossa di Borsellino”
13 ottobre 2009,
Articolo21
di Gian Mario Gillio*
In Italia il tempo dei mea culpa stenta
sempre ad arrivare. Le scelte sbagliate, gli errori strategici, le
amicizie sconvenienti, gli accordi sotterranei, lungi dall'essere
apertamente denunciati, vengono semmai solo ammessi dopo anni, e quasi
sempre giustificati come il frutto incolpevole della miopia del momento
o come un male inevitabile. Evidentemente è un vizio tutto italico
quello di manifestare una scarsa propensione all'assunzione di
responsabilità per la, chiamiamola così, “cattiva gestione” della cosa
pubblica, che coinvolge spesso, inutile negarlo, attori del mondo
politico e imprenditoriale, proprio come ci ha ricordato Santoro
nell’ultima puntata di “Annozero”.
Mafia,
camorra, ‘ndrangheta… non solo, l’Italia è un paese clientelare e
gerontocratico, dove la “mafiosità” è radicata in molti settori della
società e ahimè anche della politica. Per questo motivo è importante scendere – dopo la manifestazione per la libertà di stampa – nuovamente
in piazza, anzi, in Cento piazze, proprio per non dimenticare donne e
uomini che ci hanno insegnato a credere nella legalità e per difendere,
a spada tratta, la nostra Costituzione. Da ora, da subito, è il momento
di cambiare, noi per primi, e modificare ciò che riteniamo
inaccettabile. Per farlo possiamo guardare agli esempi del passato. Gli
anni Cinquanta e sessanta scossero la coscienza dell’America e
lasciarono un’eredità che ancora oggi è possibile percepire: il
movimento per i diritti civili, e in particolare Martin Luther King,
oltre che debitori verso la tradizione puritana, lo erano anche verso
il costituzionalismo americano. In una famosa immagine i dirigenti e
gli attivisti del movimento combattevano “con la Bibbia in una mano e
la Costituzione degli Stati Uniti nell’altra”. La dichiarazione
d’indipendenza prima e la Costituzione dopo, infatti, fondarono i
principi e i diritti dai quali una democrazia non poteva derogare senza
negare se stessa. Quel movimento, almeno nella sua espressione
maggioritaria, non costituì una rottura nei confronti dei valori
fondamentali della società americana; al contrario recuperandoli, seppe
salvarne l’anima e la coerenza. Anche noi oggi siamo chiamati ad alzare
le mani al cielo e a tenere in una mano la nostra Costituzione e
nell’altra l’Agenda rossa di Borsellino. Un gesto simbolico,
certamente, ma utile per ricordare il prezioso lavoro fatto dai nostri
padri costituenti e chi, come Borsellino e Falcone, ha lottato per
difendere, pagando il prezzo della propria vita, la nostra
democrazia fondata sui principi costituzionali.
* Direttore della rivista “Confronti”
borsellino
legalità
| inviato da
scuolantimafia il 13/10/2009 alle 12:28 | |
Meno male che Obama c'è. Ma per la corsa al Nobel c’era (e c’è) un’altra Strada
13 ottobre 2009,
Articolo21
di
Stefano Corradino
"Una speranza da coltivare", afferma Jimmy Carter in un'intervista all'Unità. "Un credito di pace", titola Liberazione. Gran parte della stampa commenta così l'ambito riconoscimento dell'accademia di Oslo. Un “Nobel preventivo”, scrive Furio Colombo su "Il Fatto". “Un premio al futuro”, secondo Vittorio Zucconi su la Repubblica. Leggiamo le motivazioni del Comitato: Obama è stato insignito per aver ridato vita alla diplomazia internazionale e alla cooperazione tra i popoli, per la sua battaglia contro il disarmo nucleare e per aver dato un nuovo ruolo all'Onu e alle altre organizzazioni internazionali. Ineccepibile. Nel breve corso del suo mandato il presidente Usa ha dato prova di una netta discontinuità con le lugubri imprese di gran parte dei suoi predecessori. "Dovrebbe ringraziare loro", scrive ironicamente Marco D'Eramo sul Manifesto: senza l'arrogante unilateralismo, senza Abu Ghraib, senza Guantanamo tutto quello che Barack Obama ha fatto (o se non altro ha detto) non apparirebbe così innovatore.
Comunque una discontinuità di approccio. "Le sfide che ci troviamo di fronte - ha detto ieri Obama - possono essere affrontate, a patto di riconoscere che non basta una persona o una nazione da sola a risolverle". E che questo premia pertanto "non riguarda solamente gli sforzi della mia amministrazione, ma gli sforzi coraggiosi degli abitanti di tutto il pianeta". Anni luce dalla politica di potenza e dalle strategie egemoniche del precedente inquilino di Washington.
Ma non possono passare inosservate alcune osservazioni critiche come quelle di Gino Strada che vede nel premio una contraddizione. "Se non sbaglio - ha detto il fondatore di Emergency - il Senato americano ha appena stanziato 300 miliardi di dollari per la guerra in Afghanistan nei prossimi otto anni…”. "Non basta dire sono per disarmo”, si diventa credibili quando le armi si distruggono, quando non si usano. Se è un Nobel sulla fiducia, va bene, vediamo cosa segue a questo premio".
Già, Gino Strada. Anche lui era tra i candidati al Nobel. Articolo21 insieme al giornalista Roberto Di Nunzio si erano fatti promotori di uno dei numerosi appelli apparsi sulla rete. Solo attraverso il gruppo su Facebook, fondato e alimentato dallo stesso Di Nunzio, sono state raccolte oltre 40mila adesioni di donne e uomini che, spontaneamente, attraverso questo appello, hanno voluto ricordare il valore inestimabile dell'azione di Gino, di Teresa e di tutto il gruppo di Emergency, un'associazione che da sempre si è battuta per la pace e la solidarietà, contro ogni discriminazione politica, ideologica e religiosa e che, dalla sua fondazione a oggi ha assistito e curato oltre 2milioni e 500mila vittime di conflitti e di guerre. Per questo noi ricominceremo anche per il 2010 a raccogliere le firme. Non sarà facile raggiungere il milione di adesioni, ma vale la pena di provarci con lo stesso impegno, la stessa generosità e la stessa passione civile dimostrata da Gino Strada, dalla moglie Teresa e dai suoi straordinari collaboratori nelle loro autentiche missioni di pace in giro per il mondo.
Missioni di pace che il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro probabilmente ignora. Solo così si spiega l’imbarazzante articolo che, già dal titolo, plaude al premio ad Obama come al male minore. Il mare peggiore, secondo Libero, sarebbe stato proprio assegnare il premio a Gino Strada. “Scampato pericolo” chiosa. “E già questo vale un Nobel”…
Ma, lungi dall’essere un quotidiano denigratorio, Libero è un giornale propositivo. E nel taglio del servizio, oltre a sospirare per aver schivato la “minaccia Strada” rilancia una candidatura ben più nobile che speriamo non sfugga al Comitato di Oslo: quella di Berlusconi. Più di 20mila adesioni ricorda Gianmario Battaglia, portavoce del comitato “Silvio Berlusconi Nobel”. Il ragionamento è semplice, scrive Libero: se Obama metterà le mani sulla prestigiosa statuetta dopo meno di nove mesi passati alla Casa Bianca, perché non dovrebbe farcela Berlusconi, che siede per la terza volta a Palazzo Chigi dal 1994? Già perché no? E perché no anche quello per la Letteratura, la Medicina, la Chimica? Magari non subito ma succederà. E siamo sicuri che Berlusconi saprà aspettare. D’altronde Dio ha inventato la donna e l’uomo, il fuoco e l’aria, l’acqua e la terra. E ancora aspetta il premio Nobel…
obama
nobel
| inviato da
scuolantimafia il 13/10/2009 alle 12:26 | |
Repubblica Presidenziale
12 ottobre 2009,
Articolo21
di Nicola Tranfaglia
Ormai i tempi si accorciano.
Silvio Berlusconi si sente
assediato e si prepara, nelle prossime ore, a reagire e a dare, se riesce,
l’ultimo scossone, quello definitivo, contro la costituzione del 1948.
C’è, rispetto alla
legislatura 2001-2006 in cui la coalizione berlusconiana elaborò e fece
approvare un progetto di costituzione che realizzava, a modo suo, il piano di
rinascita democratica della P2 ma che, per l’assenza della maggioranza
costituzionale dei due terzi, dovette sottoporre a referendum confermativo,
uscendone sconfitto nel 2006, un’accelerazione decisiva.
La sindrome di vittimismo,
che è l’altra faccia dell’arroganza e disprezzo della democrazia propria del
populismo autoritario, è scattata di fronte alla bocciatura del lodo Alfano, avvenuta il 7
ottobre scorso.
E’ quel giorno che Berlusconi
ha realizzato una cosa che forse prima non aveva capito a fondo: il Capo dello
Stato non basta a garantirlo sul piano politico e giudiziario, la sua rapida
firma su quel lodo, seguita persino da una lettera di accompagnamento
esplicativa, non ha fermato la Corte: di qui i ripetuti attacchi a Napolitano per la sua
provenienza “di sinistra” e alla corte perché solo in parte nominata da tre
presidenti della repubblica “di sinistra”. Il leader populista aveva
predisposto garanzie di ogni genere per evitare la bocciatura e si è sentito
tradito allo stesso modo dal Capo dello Stato e dai giudici della Corte.
Sicchè la limpidezza del
ragionamento fatto dai giudici che hanno puntato, senza incertezze, sul binomio
violato dell’art.3 sull’uguaglianza dei cittadini e dell’art.138 sul modo regio
di modificare il dettato costituzionale, non lo ha toccato.
Ed ora si prepara, sgombrando
il campo con il discorso esagitato di Benevento, a rimettere in carreggiata non
più il progetto graduale di cambiamento della costituzionale ma una corsa veloce verso il governo presidenziale,
condito con la subordinazione massiccia della magistratura al potere esecutivo
e alla soppressione di quel che resta della pubblica opinione con la fine della
cronaca giudiziaria di cui il ddl Alfano
sulle intercettazioni telefoniche è uno strumento, già pronto e di imminente
approvazione definitiva presso la Camera dei deputati.
Ma come farà Berlusconi ad
approvare leggi costituzionali necessarie per cambiare la Carta e raggiungere, senza altri referendum, il governo
presidenziale.
E’ questo il problema
principale che preoccupa il presidente del Consiglio in queste ore.
E’ necessario coinvolgere una
parte delle opposizioni in questa operazione. Di qui la cautela dei capigruppo
del PDL in questi giorni e il tentativo di iniziare un discorso complessivo
sulle riforme costituzionali che spacchi le opposizioni e porti dalla sua parte
i voti che gli servono per raggiungere i due terzi alla Camera e al Senato.
Oppure ci vuole un colpo di
mano che gli consenta di superare le regole scritte e di innovare anche sul
procedimento costituzionale.
Avremo nuove scosse nelle
prossime settimane perché Berlusconi non può rinunciare né alla sua immunità processuale
né al governo presidenziale.
E qualcosa farà di più
efficace del celebre discorso del predellino di piazza San Babila.
berlusconi riforme
| inviato da
scuolantimafia il 12/10/2009 alle 15:43 | |
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ottobre